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 Il carnevale alternativo al circolo "Musica e Cultura" di Cinisi nel 1977




Maria Concetta Biundo: “Il carnevale, una festa molto sentita a Cinisi, così che anche al circolo “Musica e Celtura”,in quei giorni di carnevale '77, si è pensato di festeggiarlo. Come poteva essere un carnevale diverso, che avesse quell'impronta culturale che si voleva dare al circolo, unendo il divertimento e la musica? ”.

 Non ricordo da chi e perché nacque l’idea. Di fatto, come al solito, coinvolse tanti nella gestione e organizzazione. Bisogna dire che il carnevale è sempre stato una tradizione molto sentita a Cinisi. L’unico momento di sfogo dove trovava compimento un rimescolamento di ruoli attraverso la maschera ed una possibilità di incontro tra ragazzi e ragazze al di fuori dello stretto controllo tradizionale. La tradizione delle abitazioni private trasformate in sale da ballo per parenti e vicini di casa stava lasciando il posto a sale più grandi, magazzini arredati alla buona, e che di fatto si trasformavano in un piccolo momento di speculazione economica. Al circolo, secondo le nostre scelte di alternativa al sistema economico corrente, facevamo pagare somme irrisorie per chi voleva un bicchiere di vino o di liquore. I balli, spesso, erano pervasi di collettivismo: dai trenini alle contradanze e i balli lenti non più in coppia ma in gruppo. In queste serate Peppino, ad un certo momento, si esibìva nel fare il mangiafuoco, nella calca e nell’ilarità generale.

Benedetto Cavataio: “un carnevale sempre trasgressivo, per utilizzare un termine che si usava allora, anche antagonista rispetto al carnevale tradizionale che si svolgeva ogni anno a Cinisi”

Pino Manzella: “C’è da dire che ormai, avendo visto tutti il film dei 100 passi, quando si dice “Musica e Cultura” si pensa che lì si ballasse sempre, ed invece si è ballato solo per quel carnevale del ’77. Abbiamo deciso di addobbare la sala e si è utilizzato il personaggioGasparazzo”, di Roberto Zamarin, che era pubblicato a quel tempo nelle vignette sul giornale Lotta Continua, dove era il protagonista e rappresentava gli operai e il proletariato sfruttato,  che “… come migliaia di altri suoi compaesani, ha dovuto abbandonare i campi ormai incolti e i paesi spopolati; l’operaio-massa, senza mestiere e senza patria e che ora lavora nelle fabbriche …”[1] Mi ricordo facemmo  una vignetta di “Gasparazzo” che tocca il culo ad una compagna e la compagna si gira e gli dà uno schiaffo, e poi un’altra con la scritta “sono emarginato, mi sono rotto le palle…”. Era il periodo delle discussioni al Circolo sull’emarginazione, nessuno doveva esserlo e questo durò anche per le serate di carnevale per cui, se uno voleva sedersi e non ballare, veniva preso dalle ragazze per ballare e quindi non ti potevi isolare o autoemarginare. Ed anche questa era una rottura di palle. Perché se ad uno non andava di ballare doveva per forza farlo. Non è che dovevi essere obbligato ad essere felice ….”

Giacomo Randazzo: “Un carnevale che è stato anche un momento culturale per noi. L’abbiamo vissuto in maniera alternativa anche nella sala, con i prezzi politici per un panino e una bibita, al minimo per autofinanziarci. Ogni settimana era dedicata ad un tema: indiani, clown …  e oltre all’abbigliamento ci si comportava secondo il tema. I balli di coppia erano considerati molto tradizionali per cui si facevano spesso trenini e balli collettivi …”

 Maria Concetta Biundo “… balli alternativi, si diceva: si ballava, si scherzava, tutto autogestito, con costi minimi e senza nessuno che intendesse specularci, come da qualche anno cominciava ad avvenire nelle sale che si organizzavano in quel periodo nel territorio. Serate di divertimento e di allegria che davano al gruppo il senso di coesione e di partecipazione. Momenti di vita collettiva dove si privilegiavano i balli di gruppo, dove tutti partecipavano per dare maggiormente l’idea della condivisione di un momento: trenini e girotondi, risate ed allegria. Così si è pensato di portare l’allegria nel paese, come avveniva nel passato.”

Il 17, il 22 e il 27 febbraio ’77 si decise di uscire fuori e prenderci la strada: con le facce truccate abbiamo portato la baldoria e l’allegria per le strade del paese anche dove abitualmente il carnevale non era mai arrivato. E’ stato il nostro “carnevale alternativo”,

come ricorda Benedetto Cavataio “… trasgressivo, antagonista al carnevale tradizionale. Una sfilata molto coreografica con palloncini ed uno splendido Peppino e tanti altri di noi. In contrapposizione alla “morte del Nannu” noi facemmo questa uscita dirompente nel corso di Cinisi, con un atteggiamento contrapposto rispetto a quello che erano i figuranti del carnevale tradizionale, delle persone che accompagnavano un feretro funebre, mentre noi, con la nostra gioia e la nostra voglia di vivere, di riappropriarci della strada, facemmo in contrapposizione a questa uscita. Quando ufficialmente il carnevale a Cinisi termina con il rogo del “nannu”, che rappresenta il carnevale, noi siamo andati in giro regalando alla gente palloncini e mazzetti di violette che avevamo raccolto in montagna. Anche Peppino è partecipe di quest’ondata festosa, partecipa con il suo numero di mangiafuoco e facendo delle macchiette improvvisate con Gaspare Cucinella”. Fanny si ricorda di Peppino “…quando abbiamo fatto il carnevale era felice. Poteva essere una persona cupa ma quando esplodeva era solare al massimo…”.

Maria Concetta Biundo: “Così si è pensato di portare l'allegria nelle strade del paese, non un evento quindi che allora, come oggi si svolge nel corso, la via principale, ampia e dritta, ma un evento da fare vivere nelle strade, nei quartieri, con la stessa idea della mostra itinerante svolta in estate, portare la cultura, la musica, l'evento, in tutto il territorio, in mezzo a quella gente che difficilmente usciva da casa per partecipare a quegli eventi che si svolgevano nel corso. C'era in questo anche il tentativo di recuperare una tradizione, la tradizione del carnevale in cui persone vestite in modo fantasioso e con cappuccio, nei pomeriggi di carnevale, giravano per le vie del paese, persone singole o piccoli gruppi, e tanti ragazzini che avevano voglia di ridere e scherzare. Noi eravamo gruppo e come gruppo ci siamo mossi. Un serpentone di persone in maschera ma senza cappuccio, con i volti scoperti, con l'idea mettiamoci la faccia, vestiti un po' da indiani, un po' tinti di nero, un po' da clown, che con delle grandi latte da usare come tamburi, con dei grandi coperchi come grancasse, giravamo per le vie del paese, ballando e cantando. Un gran divertimento che iniziava già dai preparativi, quando i locali del circolo, tra scherzi e risate si trasformavano in laboratorio da trucco. Un gran divertimento, ripetuto per due giorni ed in cui, il secondo giorno si regalavano alle persone mazzetti di ciclamini, raccolti in montagna, come simbolo di risveglio e di attenzione per una comunità che era sempre il nostro punto di riferimento. La gente incuriosita si affacciava al ritmo di quel tam tam dei tamburi, di quel vocio che si diffondeva per le strade. Si cercava di fare spettacoli da effetto. Memorabili le scene in cui Peppino faceva il mangiafuoco, tra gli applausi generali, e poi per le strade trenini e girotondi tenendoci per mano.  Volevamo diffondere l'idea che altro era possibile, che occorrevano idee e fantasia e poi forse si poteva cambiare il mondo. Trenini e girotondi, risate e allegria, momenti magici che davano a quanti partecipavano al circolo il senso di appartenenza, di solidarietà, di appoggio, di speranza che qualcosa di nuovo potesse nascere a partire da noi e dai legami che potevamo trovare. Anche questa era cultura, anche questa era possibilità di sognare, anche questo era un tentativo di pensare che un altro mondo era possibile.

Sono “spazi conquistai” con una presenza collettiva. Ribadire e dimostrare di esistere anche attraverso il gioco e l’allegria, non solo con le denunce e le provocazioni. E’ un’esperienza che contamina altri giovani che si associano a questa ondata di entusiasmo e creatività.

Gianpiero La Fata: “… durante questo periodo ci sono state delle cose strane: degli articoli pubblicati sul giornale “L’ORA” a cura di un fantomatico comitato CID, Comitato Informazione Democratica, sul “Carnevale fascista a Cinisi”, con le foto di Salvatore Maltese, leader del Movimento Sociale di Cinisi, vestito da sahariano, che con altri fascisti organizzavano delle macchiette: travestiti da donna, ironizzavano volgarmente sulle femministe, con simboli fallici, banane, gesti volgari …”

Alcune ragazze si organizzarono, come Francesca Randazzo che racconta:

“Era Carnevale ed è risaputo che la satira e l'ironia, in quei giorni, ha libero campo e proprio le battute che alludono alla sessualità e al rapporto uomo-donna, argomenti tabù di cui negli anni '70 non si poteva parlare apertamente, suscitavano risate a crepapelle e divertivano proprio perchè era, soprattutto allora, liberatorio parlarne. Il gruppo femminile-femminista, che faceva parte del Circolo Musica e Cultura, non poteva accettare l'ilarità nè ridere su temi che erano argomenti di accesi dibattiti e lotte contro una cultura maschilista, ancora prepotente e diffusa. Non era certamente il periodo giusto per scherzare e ironizzare su queste tematiche, fonti di rabbia per l'ingiustizia sociale che tutte le donne avevano per secoli e secoli e subivano ancora (credo che il problema non sia del tutto risolto), e quando in una macchietta si presero in giro le femministe noi rispondemmo con il lancio di uova. Quel pomeriggio Fannj Vitale venne a casa mia tutta eccitata raccontandomi che un gruppo di "fascisti" del Movimento Sociale, partito di destra, che si opponeva all'emancipazione della donna, stava sfilando lungo il corso, travestiti da femministe. Frasi oscene, gesti volgari, banane sventolate, simbolo dell'organo maschile, e tutte le femministe definite "puttane", perchè rivendicavamo il diritto di libertà e di parità nella sfera sociale, lavorativa e sessuale. Quindi tutte "Puttane". Non potevamo accettare la provocazione, anche se era  Carnevale, bisognava agire in fretta. Fanny propose di lanciare contro il gruppo delle uova. Così acquistate le uova, siamo giunte in piazza, dove il gruppo si era fermato per mostrare il meglio della loro performance. Non eravamo sole, a noi si erano unite Patrizia e forse Margherita. Al momento stabilito abbiamo lanciato contemporaneamente le uova contro il gruppo e ci siamo dileguate. Qualche uovo ha raggiunto il bersaglio! Immaginate la sorpresa e la reazione dei "fascisti" che subito si sono sparpagliati tra la folla per acciuffare i responsabili dell'"onta". Noi col cuore in gola siamo scomparse ma eravamo contente di averli interrotti e feriti, ridicolizzandoli, nel loro orgoglio di maschi.”

 [1] Da Gasparazzo, di Roberto Zamarin – Savelli 1972




 

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