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 La croce e la bandiera

Giuseppe Ruffino, comunista militante. Nella sua lunga militanza è stato per un periodo a fianco di Peppino Impastato. Memorabili le lotte per l'acqua potabile nelle case nel rione "Somalia" a Terrasini. Con la vena del giornalismo si è cimentato nella creazione di diverse testate locali passando poi al web. Ci ha lasciato questo episodio dove, tra l'ironico, l'ilare e il goliardico, ci racconta di un episodio giovanile di Peppino dove già si vede tutta la sua carica ironica.

 

La croce e la bandiera

  Pe raggiungere Cala Rossa dal terreno scosceso che la sovrastava (e la sovrasta), occorreva percorrere un lungo viottolo quasi impraticabile ostruito alla fine da un enorme granito, che bisognava aggirare con qualche difficoltà. Nel tratto mediano, che già sovrastava il mare, gli eucalyptus dell’Opus Dei, del tutto estranei alle nostre campagne, erano stati di recente piantati e ancora per poco sarebbe stato possibile rimirare dall’alto l’isolotto nella sua interezza adagiato nel centro della piccola baia.

 Quella mattina d’estate, non appena arrivati, avevamo notato che, a iniziare dalla sommità del viottolo, lungo il terreno scosceso, avevano steso un filo spinato fissato a robuste aste di ferro annegate in un cordolo in cemento. Cala Rossa, di fatto diveniva così quasi inaccessibile. Responsabile una società, l’ARCES, mi pare si chiamasse. Sulla destra il casermone dell’Opus Dei era ancora scheletrico.

«Opus umana, altro che Dei», aveva commentato Peppino. Anche sul versante ovest, poi, insistevano i lavori sull’alto profilo di Capo Rama dove, di lì a poco, sarebbero spuntati come funghi innumerevoli residences bifamiliari, spacciati per albergo!

 Scavalcammo la recinzione e ci avviammo giù, verso la cala. La giornata era magnifica, senza alito di vento e il mare piatto come l’olio. Superammo l’enorme granito e ci adattammo fra i ciottoli e le rocce. Peppino, mentre si slacciava le scarpe seduto su un grosso ciottolo, notò qualcosa di strano in fondo, proprio sull’isolotto: «Ma … chi è dda cuosa ddà?» aveva sussurrato fra sé.

Una enorme croce in ferro era cresciuta d’incanto sulla sua sommità. «E cchi è … l’Isola di Montecristo!», aveva commentato Giacomino; «Chi c’annu a ffari, a Via Crucis?», aveva infiorettato Pierluigi. E s’erano infittiti i commenti al vetriolo contro i preti.

 Nel pomeriggio ci demmo appuntamento al Bar Sport ru zzu Vartulu, in Piazza Duomo. Peppino lanciò una proposta: «Picciuotti, c’ho pensato, facciamo una enorme bandiera rossa e andiamo a legarla alla croce».

«E come ci arriviamo?».

«Procuriamoci un uzzareddu ».

Ci guardammo piuttosto scettici anche se ormai avevamo fatto il callo alle trovate di Peppino. Non era chiaro, però, chi avrebbe dovuto prestarci u uzzareddu (la barchetta) per spingerci a remi dal porto di Terrasini fino all’isolotto. E poi, di giorno? di notte? quando?

«Peppino, nun ci rumpiri a minchia e liccati u gelatu rû zzu Vartulu», saettò Giacomino.

«Piantare la bandiera rossa», spiegò Peppino, «non è un atto contro Cristo, ma contro i parrini, che fanno e sfannu quel che vogliono come i padroni; che usano la croce per opprimere, per … incantare … per addormentare e non per liberare».

«Questo lo pensi tu, lo pensiamo noi, ma andiamo a spiegarlo alle nostre madri …!», rispose Giacomino.

 In effetti che senso aveva quella immensa croce conficcata proprio lì, nell’occhio della baia? Chi aveva dato l’autorizzazione? Se ci stava la croce, allora anche la bandiera rossa doveva starci. E poi il rosso non era il colore che appattava con Gesù?

Le “giustificazioni”, diciamo così, di ordine storico-politico-teologico non bastarono a evitare gli interrogativi pratici su barca e stoffa rossa. Quali, ad esempio, le misure della bandiera? A occhio e … croce (ora ci vuole) avevamo pensato a una stoffa di almeno 3x4, per non farla “sfigurare” al fianco della mastodontica croce.  

All’infantile progettare condito di immagini più o meno simboliche, si mescolava un alto tasso di goliardia mista a incoscienza e ingenuità. E così, a furia di parlarne, tra battute e sfottò, finiu a bbabbìu.

 I giorni passarono e il progetto pian piano si afflosciò come bandiera senza vento e dopo

una settimana accantonammo del tutto l’idea ripiegando su qualcosa più terra terra.

E fu così che una bella mattina comparve lungo il cordolo in cemento una grande scritta:

 CROCE E ROSSA BANDIERA, INIZIA UNA NUOVA ERA

 Di vernice rossa, però, non ne trovammo. Da perenni squattrinati quali eravamo, usammo un rimasuglio di vernice verde conservato in un sottoscala.

                                                                                          Giuseppe Ruffino

 

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